Gabriele Toneguzzi

La nuova linea Av fra Roma e Napoli


Linea Av Roma-Napoli: interconnessione di Caserta (Tav.it)

Con il nuovo orario ferroviario Trenitalia, dal dicembre 2005, è divenuto operativo, quasi per intero, il collegamento veloce Roma-Napoli. A ben diciannove anni dal Piano Generale Trasporti del sistema italiano alta velocità, a quattordici anni dal completamento della direttissima Roma Firenze oggi, insomma, a trentacinque anni dall’inizio dei lavori di quest’ultima prima, sono funzionanti appena 422 km di binario. Ed appaiono necessari lavori di ristrutturazione per i ‘vecchi’ 238 km onde adeguarli alle nuove esigenze.

Oltralpe, giusto 24 anni fa, entrò in esercizio la Parigi-Lione che consentì di coprire i 420 Km tra le due città in due ore nette. Ora si viaggia a Très Grand Vitesse, quasi senza soluzione di continuità, da Marsiglia verso Lille/Londra/Bruxelles e, nel senso opposto, verso Bordeaux, passando per la capitale francese. Tredici anni fa, in Spagna, fu inaugurata l’Ave, Alta Velocidad Española: suppergiù 475 km tra Madrid e Siviglia. In Germania gli Ice circolano attualmente su oltre 500 Km di tracciato.

Pensare che da noi cominciò in tutt’altro modo: sull’allora nuova direttissima Roma-Napoli via Formia, nel 1937, uno dei fiammanti Etr 200 (nomen omen identificante l’elettrotreno Breda a cui collaborò alla costruzione Giuseppe Pagano Pogatschnig) superò in prova più volte i 200 km/h, guadagnando due anni più in là un record mondiale.

I ’60 videro le Ferrovie dello Stato, prime in Europa, congetturare collegamenti veloci, arrivando al progetto della direttissima Roma-Firenze. Ed allo studio ed approntamento, durante gl’anni ’70, d’un lungimirante treno ad assetto variabile che doveva servire ad incrementare del 25% la velocità su linee tortuose: il Pendolino. Da quel momento in poi, fra un ritardo e l’altro, l’ha fatta da padrone l’italico bizantinismo. Nel 1991, tentando di ovviare a indolenze clamorose, fu decisa la creazione della Tav: Treno Alta Velocità, società per azioni non a caso solo originariamente a capitale misto pubblico e privato; immediatamente furono assegnati, a trattativa privata, i lavori di tutte le tratte ai vari consorzi italiani designati evitando, in avanzata zona Cesarini, l’indizione di gare d’appalto europee.

Il primo cantiere della nuova Roma-Napoli data al 1994; già l’anno successivo un ex giudice, Ferdinando Imposimato, membro della commissione antimafia, puntualmente documentava dei presunti e non isolati tentativi di infiltrazione camorristica nella cospicua torta dei subappalti. Da allora ci sono state inchieste per sospetto di corruzione, revoche di appalto a consorzi (poi rientrate per legge) e pure aspre battaglie per l’aumento dei corrispettivi necessari al completamento dei lavori.

I 26.180 miliardi di lire stimati nel 1991 per la realizzazione dell’intero progetto con ogni probabilità lieviteranno. Dati ufficiali relativi alla tratta inauguranda, parlano d’un equivalente di circa 7.000 miliardi di spesa sul 90% dell’opera. Che purtroppo, nonostante lo scorrere del tempo, è ancora concepita grossomodo con criteri ingegneristici: un collegamento di due punti distanti per il tramite d’un segmento. Altro dalla fattuale realtà, ovverosia la trasformazione pesante ed indelebile dei territori attraversati. Oltre a molto resto, ne discende pure una sofferenza tangibile della qualità progettuale dei manufatti: ponti, viadotti, attraversamenti, innesti ed altre cosiddette opere d’arte. Il problema, più generale, si manifesta nella sua cruda evidenza a chi abbia la ventura, tutt’altro che remota, di sfiorare uno dei cantieri Tav sparsi nella penisola.

Un ulteriore motivo di perplessità è dato dalla destinazione delle linee: gran parte degli interventi sono sorretti dalla motivazione di un aumento della capacità trasportistica, con esplicito riferimento alle merci.

All’uopo al prefisso Tav è stato aggiunta una barra e la coda ‘alta capacità’. Esistono tuttavia acclarate perplessità in ordine, ad esempio, alla possibilità di far viaggiare sullo stesso binario treni merci e treni passeggeri impostati almeno a velocità doppia. Ciò, fra l’altro, ostacolerebbe la realizzazione del cadenzamento temporale che generalmente si basa su rigidi schemi orari omotachici. E se pure fosse possibile far circolare le merci in notturna, insorgerebbero poi dei problemi dovuti alla carenza degli indispensabili intervalli atti a consentire la complessa manutenzione di linea.

Alla fin della fiera, viaggiare a velocità di 300km/h pare affar serio e assai costoso, sia per il territorio che per il contribuente. E non è possibile tacerlo.

Gabriele Toneguzzi

Articolo apparso su Il Giornale dell’Architettura (città e territorio), Dicembre 2005

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